«Disegnio della pianta della chiesa del domo di Milano con la piaza et Campo santo»
Autore
[Seregni, Vincenzo]Titolo
«Disegnio della pianta della chiesa del domo di Milano con la piaza et Campo santo»Datazione
XVI secolo; [1548-1567]
Collocazione
ASCMi, Raccolta Bianconi, II, f. 2r
Dimensioni
580x422 mmTecnica e Supporto
Preparazione a punta secca, compasso, punti e fori guida; esecuzione a penna e inchiostro ocra, acquarello indaco, matita; supporto cartaceo di media grammatura, filigrana non presente, ma non totalmente rilevabile a causa della presenza del foglio di supporto incollato sul verso.
Scala
Verso il basso a sinistra, in prossimità del margine, senza unità di misura: costituita da una serie di punti molto ravvicinati disposti in linea retta, con due tratti trasversali. Misure in cifre disposte all’interno del disegno, in corrispondenza di alcuni elementi e distanze.Iscrizioni
A sinistra verso il basso, a penna e inchiostro bruno: «disegnio della pia[n]ta della chiesa / del domo di milano co[n] la / piaza et campo sa[n]to».
Nella metà inferiore, ai luoghi propri, a penna e inchiosto ocra: «coperto deli figini»; «piaza»; «Santa tegla»; «isola delli tibaldi [?]»; «strada delli baretieri picholi»; «strada delli baretieri»; «la piscaria»; «strada delli rasteli»; «la corta».
In alto al centro, a penna e inchiostro ocra: «campo santo».
In basso a sinistra, a penna e inchiostro ocra, conti in colonna, disposti trasversalmente al senso del disegno: «16 / 13 | 48 / 16 | 298».
Ai luoghi propri, misure indicate in cifre a penna e inchiostro ocra: «208» (larghezza della facciata del Duomo); «96» (larghezza delle navate); «248» (lunghezza dall’abside alla facciata); «128» (larghezza del transetto); «30 1/3» (misura posta fuori dal transetto meridionale).
Sul verso, a penna e inchiosto ocra: «Pianta della chiesa dil Domo di Mil[an]o».
Sul verso, serie di conti in colonna a penna e inchiostro bruno: «91 5 | 91 11 | 85 / 85».
Sul verso, a penna e inchiostro nero, parzialmente tagliata: «N.[?] E.[?] V IIII[barrate le quattro astine]»; «Domo di Milano / Iust…[+]», seguito da cancellatura.
Sul verso, indicazione inventariale moderna, a matita: «Tomo II foglio 2 / GP[?]».
Notizie
Il disegno appartiene a un gruppo di piante del Duomo inserite all’interno del secondo tomo della Raccolta Bianconi, conservata oggi presso l’Archivio Storico Civico, composta in dieci volumi dall’architetto, collezionista e storico Carlo Bianconi tra il 1789 e il 1796 e contenente disegni di architettura e alcune incisioni di edifici milanesi tra il XIV e il XVIII secolo. La storia del foglio si accompagna quindi successivamente con quella della Raccolta, che dopo essere passata ai Litta e poi ai Vallardi, entra nel 1872 nella raccolte civiche milanesi, quando il Comune la acquista ad Antonio Vallardi. Il disegno è l’unico inserito al f. 2r del tomo (presso l’Archivio Storico Civico esiste una riproduzione fotografica in bianco e nero del disegno, negativo A 4057), mentre il verso del foglio del tomo è vuoto.
Il disegno è realizzato su due fogli congiunti tramite l’incollaggio di un foglio di supporto sul verso in corrispodenza della giuntura tra i due (quest’ultimo largo quanto gli altri due e alto 274 mm; si tratta dell’incollaggio originario poiché un’iscrizione coeva al disegno corre a cavallo tra il foglio di supporto e il sottostante. Il foglio mostra al centro, sia nella metà inferiore, che nella metà superiore, un evidente foro di tarlo creato quando il foglio si conservava ancora piegato a metà, data l’evidente simmetria delle lacune. In corrispondenza della giuntura tra i due fogli vi sono piccole lacune e qualche piccolo strappo. Sul verso sono visibili alcune macchie brune, alcune di inchiostro e, inoltre, le tracce della colla impiegata per il fissaggio al tomo, concentrate agli angoli e al centro del margine superiore e inferiore. Le iscrizioni sul verso, tagliate in parte, parrebbero indicare che il foglio sia stato rifilato.
Il disegno reca al centro la pianta della cattedrale e del camposanto retrostante e intorno ad essi gli ingombri degli edifici che un tempo circondavano il Duomo, in particolare il Palazzo Ducale e le botteghe sulla piazza, ivi compresa la disposizione urbanistica delle vie. Il disegno è preparato interamente a punta secca, realizzata con grande accuratezza, anche per le linee curve tracciate con il compasso. Di grande rilevanza è la preparazione usata per la costruzione geometrica, poi non ripassata a penna, particolarmente evidente nelle linee radiali che si dipartono da un centro, collocate nella zona presbiteriale, e nel reticolato modulare impiegato per l’impostazione generale della pianta della cattedrale, che consentiva di assegnare un quadrato a ogni campata, ma poi integrato con altri tratti per la definizione dei pieni murari ripassati poi a penna. Come ha evidenziato Aurora Scotti (Scotti, 1989) si tratta di un uso alternativo della quadrettatura, riservata alla sola pianta e utilizzata come sistema di costruzione geometrica della pianta stessa. Si notano, inoltre, alcuni fori guida disposti sull’asse mediano del disegno a intervalli regolari, altri invece, forse utili per la trasposizione di misure, sono collocati in corrispondenza del colonnato del coperto dei Figini e sul lato nord del camposanto.
Il disegno è tutto ripassato a penna e inchiostro color ocra, affine a quello delle iscrizioni presenti all’interno della pianta, mentre con un inchiostro differente sembra tracciata l’iscrizione in basso a sinistra, che parrebbe corrispondere alla grafia di Vincenzo Seregni, confrontabile anche con altri autografi del maestro e con altre iscrizioni negli elaborati della stessa Raccolta Bianconi (Scotti, 1977). L’uso dell’acquarello color indaco è riservato all’indicazione dei pieni murari della cattedrale, il cui perimetro è tracciato interamente a linea continua, mentre al tratteggio sono indicate le parti del Duomo esistenti, ma delle quali era prevista la modifica, come ad esempio la quota della facciata antica di Santa Maria Maggiore, oppure gli edifici sulla piazza, dei quali era prevista la demolizione, compreso l’angolo del Palazzo Ducale in collisione con lo spigolo sud ovest della cattedrale (in alcuni casi si ha l’impressione che il tratteggio possa corrispondere a elementi mai realizzati, come i due portici in corrispondenza delle porte dei transetti, presenti della pianta inserita nel volgarizzamento al trattato vitruviano di Cesariano (Cesariano, 1521, f. XIV). Un tatto puntinato è invece utilizzato nella zona del presbiterio per indicare l’altare e il coro.
Vi sono alcuni tratti a matita di difficile interpretazione: al centro, il quadrato tracciato a congiungimento dei quattro piloni del tiburio riproduce quello inserito nell’ichnographia di Cesare Cesariano, mentre vi sono altri tratti di giunzione tra i piloni collocati all’incrocio tra navate e transetto; vi è poi un abbozzo di modifica della sacrestia settentrionale e la terminazione poligonale del transetto settentrionale con contrafforti di spigolo, inoltre, sia in corrispondenza della testata del transetto nord, che di quella sud, sono presenti due grandi semicerchi la cui natura non è chiara (parrebbero due enormi absidi, oppure due zone di rispetto); un altro tratto a matita rettifica infine nettamente l’ala del Palazzo Ducale, congiungendo le linee delle pareti della corte stessa. I tratti a penna sembrano per lo più tracciati a strumento, compresi quelli a tratteggio, eseguiti in modo accurato, ma spesso con qualche incertezza di segno o una mancata regolarità nella stesura dell’inchiostro, rispetto alla precisione lenticolare della preparazione sottostante; vi sono poi alcune prove di compasso in basso a destra.
Note critiche
Il disegno, già citato da Luca Beltrami (ripreso in Geymüller, 1890, Rocco, 1939, Wittkower, 1974) come testimonianza di un precoce progetto di Vincenzo Seregni per la facciata del Duomo congruente con il memoriale presentato dall’architetto stesso alla Fabbrica nel 1537 (Annali, III, p. 267; da un perduto foglio a stampa un tempo esistente presso la Biblioteca Ambrosiana, con segnatura G.D.V. 48, visto da Beltrami), ha avuto poi un’estesa fortuna critica, che l’ha sempre concordemente assegnato alla mano del maestro (soltanto Sanvito lo assegna alla bottega di Seregni; Sanvito, 2002). In particolare, sulla scia di Beltrami, è stata sottolineata l’importanza dell’elaborato per la proposta di una facciata stretta tra due poderosi campanili quadrati, secondo quanto enunciato da Seregni stesso, corrispondente alle intenzioni dei fondatori, recentemente contestualizzata nell’ipotesi di un perduto progetto originario, che abbia fatto da modello ispiratore per tutti gli elaborati che mostrano questa soluzione tra Quattro e Cinquecento da Francesco Repishti (Repishti, 2003). L’altro elemento su cui si è concentrata la storiografia, per la sua importanza iconografica, è la presenza del perimetro rotondo della seconda chiesa di Santa Tecla, costruita a partire dal 1481 sul luogo nel quale era stata demolita l’antica cattedrale estiva di Milano (Rossi, 1985; Grossi, 1997).
Assai più dibattuta è stata la datazione del foglio, assestata al 1537, a causa della sostanziale conseguenza con il memoriale di Seregni, nelle pubblicazioni più remote, già avanzata da Paolo Mezzanotte e Carlo Bascapè tra il 1540 e il 1548 (Mezzanotte, Bascapè, 1948; inoltre, in Mezzanotte 1957 il disegno è indicato come posteriore al 1546), è oggi circoscrivibile con grande probabilità all’anno 1548 grazie agli studi di Aurora Scotti (Scotti, 1977) e Ada Grossi (Grossi, 1993). L’indicazione degli ingombri degli edifici antistanti al Duomo consente infatti di riconoscere la disposizione urbanistica presente al momento delle delibere di Ferrante Gonzaga per lo sgombero della piazza e le demolizioni effettuate sotto la supervisione di Domenico Giunti a partire dall’occasione data dall’ingresso a Milano di Filippo II nel 1548 (Scotti, 1977). Inoltre, la presenza congiunta della Santa Tecla rotonda (la seconda chiesa di Santa Tecla, edificata a partire dal 1481 e demolita già nell’estate del 1548) e delle ultime due campate del portico dei Figini verso ovest (edificate dal mercante Giovanni Oliverio nel corso del 1548 stesso), consente di individuare solo nei primi otto o nove mesi del 1548 il momento di realizzazione del disegno (Grossi, 1997). Propenso a una datazione più tarda del foglio, da collocarsi negli ultimi anni di attività di Seregni presso la Fabbrica (fino al 1567) è invece Francesco Repishti, che nota la presenza sull’altare del tabernacolo di Pio IV, arrivato a Milano solo nell’agosto del 1561 (Repishti, 2003).
Bibliografia
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Luca Beltrami e il Duomo di Milano. Tutti gli scritti riguardanti la cattedrale pubblicati tra il 1881 e il 1914, a cura di A. Cassi Ramelli, Milano, 1964, p. 103.
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