Progetto in pianta e prospetto della facciata
Autore
Rainaldi, GirolamoTitolo
Progetto in pianta e prospetto della facciataDatazione
1642
Collocazione
Galleria Carlo Orsi di Milano
Dimensioni
912x670 mmTecnica e Supporto
Preparazione a matita, punta secca, compasso; esecuzione a penna e inchiostro bruno, acquarellatura a inchiostro bruno diluito in toni differenti; supporto cartaceo di grammatura media, filigrana non visibile perché il foglio è controfondato.
Scala
In basso al centro, a penna e inchiostro bruno, di 40 braccia milanesi: costituita da un’asticella orizzontale con tratti verticali che la suddividono in unità di dimensioni diverse, numerata 1-10, 20, 30, 40.Iscrizioni
Nelle targhe dislocate nel prospetto dall’alto in basso e da sinistra a destra, a penna e inchiostro bruno: «ASSUMPTA EST MARIA IN CAELUM»; «NATIVITAS B.M.V»; «ECCE ANCILLA DOMINI»; «VERBUM CARO FACTUM EST».
In basso al prospetto, a penna e inchiostro bruno: «Hieronimo Rainaldi Romano Architetto dell’Inclito Popolo Romano et, del Serenissimo di Parma, fece in Milano, l’anno 1642 et della sua età, 71mo».
In basso al centro, in corrispondenza della scala, a penna e inchiostro bruno: «Scala di Braccia di Milano, numero Quaranta».
Notizie
Il foglio è recentemente apparso sul mercato antiquario senza alcuna informazione su origine e precedenti passaggi di proprietà.
Il disegno va collegato all’interessamento espresso verso la conclusione della fabbrica, per la parte più rappresentativa, la facciata, negli anni del cardinale Cesare Monti (1594-1650), arcivescovo di Milano dal 1635. L’anno 1642, riportato nell’iscrizione autografa sul foglio, coincide con l’attività che Girolamo Rainaldi aveva prestato per il prelato in occasione della trasformazione del palazzo suburbano comprato per la famiglia, attuale palazzo Sormani (Giustina, 1995), di cui rimangono quattro fogli di progetto nel fondo Monti conservato nell’archivio del Seminario Arcivescovile di Venegono Inferiore (Russo, 2019, pp. 314-316). È probabile che Monti abbia chiesto l’intervento di Rainaldi di stanza a Parma, dove svolgeva il ruolo di architetto di corte dal 1622, al tempo del cardinale Odoardo Farnese, tutore del nipote omonimo minorenne, e conseguentemente come attesta la stessa iscrizione, in cui Girolamo si qualifica architetto del serenissimo di Parma, del duca Odoardo alla morte dello zio cardinale (Russo, 2021, p. 73).
Il disegno è composto da un unico foglio controfondato su un supporto più rigido. Il foglio è in buone condizioni di conservazione, sebbene presenti delle lacune ai margini che non compromettono l’integrità dell’elaborato. La carta è poco brunita e il disegno è perfettamente leggibile in ogni sua parte. È presente una piegatura antica al centro del foglio, non più in uso in quanto controfondato. La superficie disegnata è chiara e essenzialmente priva di macchie.
Il disegno è stato preparato presumibilmente a matita, sebbene allo stato attuale questo processo sia illeggibile. Come pure sono indistinguibili le tracce di punta secca per la costruzione delle linee generali del disegno. Il compasso è stato utilizzato per tracciare gli archi e le linee curve. L’uso della penna e dell’inchiostro bruno è preciso e si caratterizza per il modo continuo e puntuale del suo sviluppo sia nell’architettura, che si qualifica per la plasticità dell’effetto conferito dal chiaroscuro ad acquerello, sia nella parte figurata delle sculture e dei bassorilievi di eguale qualità esecutiva. L’intero impaginato architettonico è eseguito per mezzo degli strumenti del disegno, compreso le parti decorative e le volute. L’acquarellatura a inchiostro bruno diluito è eseguita con diverse scale di gradazione, accentuata in corrispondenza delle proiezioni delle ombre che si sviluppano da sinistra verso destra e con intensità ancora maggiore nelle campiture delle finestre e delle porte. L’apparato decorativo connesso all’architettura è definito da una acquarellatura più definita rispetto ai rilievi delle storie di Maria e alle sculture posizionate in sommità dove appare più diluita sebbene la tecnica di esecuzione è simile, indice della contestuale realizzazione da parte della stessa mano.
I progetti per la facciata del Duomo elaborati da Girolamo Rainaldi corrispondono a due fasi, un primo foglio a lui ricondotto (Milano, Biblioteca Ambrosiana, F. 251 inf., n. 91) (Russo, 2014, pp. 27-31), databile agli anni 1606-1607 (Repishti, 2003, p. 66, fig. 71 a p. 95), venne redatto in occasione della presentazione da parte di più architetti di proposte per la facciata, tra questi Pietro Antonio Barca, Antonio Maria Corbetta, Gerolamo de’ Capitani da Sesto, Onorio Longhi, Francesco Maria Richino e altri non identificati; proposte presentate ad ogni modo prima del 1609 quando il cardinale Federico Borromeo dispose che la facciata fosse realizzata secondo quanto previsto da Pellegrino Tibaldi ad eccezione dell’ordine superiore, considerato sproporzionato in larghezza rispetto al sottostante e ordinando con la delibera del 2 aprile di adottare per il primo livello colonne libere senza piedistallo (Repishti, 2003, p. 70). Il secondo progetto è relativo al foglio qui discusso, di circa trecinque anni più tardi, da ricondursi all’elaborato citato in un “Promemoria per i deputati del Capitolo” della cattedrale, datato post 25 luglio 1654 e pubblicato in Per la Facciata del Duomo di Milano, dove l’anonimo estensore riferisce tra gli altri autori di disegni per la facciata, il nome di “Gerolamo Rinaldi” (Repishti, 2003, p. 384); e riferito anche da Francesco Castelli nell’ambito dei Dibattiti (versione autografa AVFDMi, Archivio Storico, 146, 17 bis, depositata alla Fabbrica il 7 agosto 1648; Repishti, Schofield, 2003, pp. 393-396, doc. XI, 6), il quale ricorda molti disegni, tra questi quello di Onorio Longhi, di Tolomeo Rinaldi e uno del figlio di quest’ultimo. Considerando la congruenza di date rispetto al disegno del 1642, è probabile che Castelli abbia confuso fratello per figlio (Russo, 2014, p. 27).
Note critiche
Il disegno, datato e firmato, ha il carattere di un elaborato di presentazione, per via delle dimensioni del foglio “reale”, per la realizzazione accurata e per l’uso molto abile e raffinato del chiaroscuro. Il progetto va messo in relazione con il disegno di Francesco Maria Richino tramandato dalla stampa di Giovanni Paolo Bianchi del 1635 (della stampa esistono diversi esemplari completi, si vedano le schede relative curate da Jessica Gritti; AVFDMi, Archivio Disegni, 38; BAMi, S. 148sup. n. 13; CRSMi, Tr g 10), anno di ingresso ufficiale del cardinale Monti in città. Il progetto come è noto e come iscritto sulla stessa stampa seguiva per il primo livello il progetto di Tibaldi, come stabilito al tempo di Federico Borromeo.
Nel disegno del 1642, Girolamo tenne in conto la soluzione di Richino progettando anche il secondo livello in maniera simile a quanto previsto dell’architetto milanese. Sebbene, all’impostazione generale, apportò alcune varianti non di poco conto. Come si comprende dallo schema proporzionale (Russo, 2021, fig. 10, p.84) Rainaldi procedette ad quadratum nell’ideazione della facciata. Il prospetto infatti può essere inscritto nella figura geometrica di un quadrato, la cui mezzeria inoltre coincide con la sommità del piedistallo dell’ordine superiore, secondo lo schema proposto da Serlio nel IV libro del suo trattato (Venezia 1537), dove però il rettangolo sottostante raggiunge la trabeazione del primo livello da cui parte il secondo ordine provvisto di piedistallo. Nel caso in oggetto, come detto, il primo ordine era previsto senza piedistallo in accordo col progetto di Tibaldi. In tal modo Rainaldi adegua il metodo tradizionale, quello della facciata inscritta in un quadrato, alla circostanza specifica, differentemente da quanto sembra aver fatto Richino nel progetto del 1635, non iscrivibile nella figura geometrica, ma caratterizzato da un verticalismo dello schema in accordo con le altezze dell’interno della fabbrica.
Tra le scelte operate da Girolamo appare evidente anche quella di coronare le coppie di colonne poste agli estremi della facciata con timpani ad arco ribassato: una “firma” dell’architetto, presente in altri suoi elaborati (Russo, 2014). Questi producono l’effetto di disarticolare le gerarchie della facciata divenendo al contempo punti forti della composizione, pur se subordinati al timpano principale. A tale processo ‘destrutturante’ partecipano anche i due campaniletti che sembrano dialogare con i pinnacoli retrostanti, sebbene al tempo in numero decisamente inferiore rispetto agli attuali. In maniera del tutto inedita, rispetto agli atri progetti “alla romana” conosciuti, ad eccezione del suo del 1607 (Russo, 2014, pp. 27-31), l’architetto cerca un dialogo con la preesistenza, in maniera certo non del tutto esplicito, ma con quell’intenzione di fondo.
In ultimo va analizzata la particolare esecuzione grafica delle colonne nel progetto in oggetto, caratterizzata dalla divisione dei fusti dell’ordine in due parti distinte, separate da una sorta di astragalo posto subito sopra la rudentatura che si conclude come da tradizione a un terzo dell’altezza della colonna.
Pur non avendo indicazioni specifiche sul foglio si può avanzare l’ipotesi che l’inedita composizione delle colonne vada considerata coma la proposta di Rainaldi di risolvere l’annosa questione di realizzare il primo ordine colossale come da progetto di Tibaldi, attraverso l’escamotage di dividere i singoli fusti in due rocchi in corrispondenza della fine della rudentatura, cioè nel punto in cui meno evidente sarebbe stata la loro suddivisione. Ciò a fronte dell’intenzione, risalente al tempo dell’architetto di Valsolda, di cavarli monolitici, un’impresa che come è noto era miseramente naufragata con la rottura, durante il trasporto, dell’unico fusto cavato. Stando alle dimensioni ricavabili dal disegno corredato da scala metrica, il primo rocco sarebbe stato di circa m 6,07, pari a 10,2 braccia milanesi (0,594936481); il secondo, comprensivo dell’astragalo, pari a m 12,315 m (20,7 braccia milanesi), su un’altezza totale della colonna di m 22,37 (37,6 braccia), eccetto lo zoccolo di raccordo sottostante il plinto della base, alto circa m 0,74, 1,25 braccia (Russo, 2021, pp. 83-85).
Avallando tale ipotesi, corroborata dall’esperienza tecnica espressa dall’architetto romano in altre occasioni, in cui diede dimostrazione della sua perizia, come ad esempio la realizzazione della copertura dell’Annunziata di Parma, o il completamento delle navate di San Petronio a Bologna, la soluzione descritta per la conformazione delle colonne del primo livello della facciata avrebbe soddisfatto quell’esigenza, già espressa dal cardinale Federico Borromeo, di far assumere alla cattedrale la magnificenza, ricercata al tempo, degna della più grande fabbrica lombarda.
Bibliografia
I. Giustina, Un inedito progetto di Francesco Maria Ricchino e alcune precisazioni sulle vicende del Palazzo Monti Sormani a Milano, “Palladio”, 16, 1995, pp. 47-72.
F. Repishti, La facciata del Duomo di Milano (1537-1657), in F. Repishti, R. Schofield, I dibattiti per la facciata del Duomo di Milano 1582-1682. Architettura e controriforma, Milano, 2003.
A. Russo, Girolamo Rainaldi architetto del Popolo Romano: progetti per Roma e per il duomo di Milano, “Palladio”, 53, 2014, pp. 23-32.
A. Russo, Roma-Milano e ritorno. Giovanni Battista Montano, Girolamo Rainaldi e Francesco Maria Ricchino tra genius loci e soluzioni “alla romana”, in Roma-Milano: architettura e città tra XVI e XVII secolo, a cura di A. Russo, Roma, 2019, pp. 221-238; 304-318.
A. Russo, Girolamo Rainaldi per il duomo di Milano: il progetto di facciata del 1642 e alcune precisazioni sul corpus grafico dell’architetto, “Archistor”, 16, 2021, pp. 70-87.